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La donna nel mondo del lavoro e smart working
a cura di Wiktoria Malisiewicz
Nella rivoluzione industriale si assiste ad una forte migrazione dalle aree rurali verso i centri urbani, alla ricerca di nuovi lavori offerti dalle fabbriche questa è stata un'evoluzione economica favorita da una forte componente d' innovazione tecnologica, accompagnata da fenomeni di crescita, sviluppo economico e profonde modificazioni sociali e politiche. Oltre agli uomini anche le donne entrano a far parte della forza lavoro delle industrie, in particolar modo di quella tessile, contribuendo così al sostentamento economico della famiglia, pur con un salario inferiore rispetto a quello degli uomini. Di fronte ai mutamenti storici, lo status delle donne ha subito dei cambiamenti, e questo ha permesso di muovere i primi passi verso una radicale trasformazione socioculturale.
Un altro fattore importante che produrrà un cambiamento più che fondamentale, come vedremo in seguito nei giorni d'oggi, è stata la nascita della tecnologia.
Le idee di Taylor intendevano infatti annullare tutti gli sprechi di tempo e tutti gli sprechi di energia, limitando i movimenti degli operai al minimo indispensabile. Per ottenere ciò egli attuò la catena di montaggio, un sistema produttivo diviso in tante piccole unità semplici e ripetibili che non consentivano alcuno spreco di energia né di tempo. Gli operai della catena di montaggio cioè dovevano svolgere solo determinati movimenti, sempre uguali, per tutta la durata della giornata lavorativa. Da questo processo, si scaturisce il fenomeno dell' alienazione, processo attraverso il quale l'uomo si estrania da se stesso, perdendo la sua identità genuinamente umana.
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Le donne,oltretutto ciò, erano anche sottoposte ai Capi, che abusavano di loro e si trattava di un vero e proprio diritto di abuso sessuale. Lo sciopero femminile si differenzia da quello maschile, infatti, le scioperanti danzavano per le vie del villaggio bruciando dei manichini raffiguranti il proprio padrone, ma sempre con scarsi risultati, e manifestazioni brevi.
Si differenziava la donna solo se proveniente da una famiglia agiata, da cui riceveva un'istruzione basilare e funzionale all'essere considerata "presentabile" a livello sociale come buona madre e moglie,
Ma pur sempre affrancate dai lavori domestici più faticosi - affidati alla servitù - queste rimanevano formalmente sottomesse all'autorità dei mariti.
L'istruzione come punto di partenza per un futuro rendimento lavorativo migliore
Alla fine dell'Ottocento, il secolo della scuola, l'istruzione elementare obbligatoria è diffusa nella maggior parte dei paesi. In Italia, la legge Casati del 1859 prevede l'obbligo scolastico di un biennio elementare anche per le bambine, pur rimanendo per lungo tempo inapplicata sia per i maschi sia soprattutto per le femmine. I percorsi formativi superiori restano, però, differenziati in maschili e femminili. La cultura dominante, rispecchiata nelle istituzioni scolastiche, ritiene infatti che le donne debbano acquisire competenze diverse da quelle degli uomini, dirette allo spazio loro riservato, ovvero la casa e la famiglia. L'istruzione per professioni qualificate e incarichi pubblici viene insomma riservata ai maschi e considerata per le femmine un inutile spreco di risorse, se non un danno per l'armonia familiare e sociale. Da qui la richiesta da parte dei movimenti a favore delle donne dell'accesso a tutti i percorsi formativi e a tutte le occupazioni, in particolare alle libere professioni. In molti paesi ciò avviene intorno agli anni Venti del Novecento anche se, fino alla seconda metà del XX secolo, pressoché ovunque, i livelli di istruzione superiore rimangono a netta prevalenza maschili. In Italia l'accesso all'università per le donne viene legalmente riconosciuto nel 1875, ma quello al liceo, il cui titolo è necessario per l'iscrizione all'università, nel 1883. Ma solo nel 1963 viene affermato il diritto delle donne ad "accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la Magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie senza limitazioni concernenti le mansioni o i percorsi di carriera".
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Lidia Poet prima donna laureata in Italia
in giurisprudenza (1881), prima iscritta all'ordine degli avvocati, non può
esercitare la professione.
La donna nel periodo della guerra
Le due Guerre Mondiale è l'occasione per le donne di muovere i primi passi verso l'emancipazione e una parificazione dei diritti. Durante la guerra le donne sperimentano per la prima volta un distaccamento dalle figure maschili. Padri, mariti e figli partono per il fronte e la popolazione femminile per la prima volta si trova a gestire delle proprietà e a dover cercare un'occupazione a tempo pieno per il mantenimento della famiglia. Così vestivano abiti semplici dette "le divise", per guidare i tram, oppure per distribuire la posta, entrarono negli organici delle fabbriche come operaie specializzate nella realizzazione di esplosivi e proiettili, detonatori, diaframmi, impararono a montare i fucili e a lavorare al tornio. Infine, il lato socio- culturale, infatti servivano anche le maestre per insegnare ai più piccoli, e non solo, a leggere, scrivere e contare, come servirono le infermiere per curare i malati e i feriti. Uno dei compiti in cui la donna è rappresentata regolarmente è infatti, la dama di carità, un'immagine che sottolinea il ruolo tipicamente femminile di angelo consolatore. In questo modo tutte si misero alla prova, prendendo il posto degli uomini partiti per il fronte.
La presenza delle donne in aree considerate di appartenenza degli uomini e la loro massiccia intrusione nelle aree del lavoro maschile, sia agricolo che industriale, insieme alla diminuzione dei matrimoni e alla flessione della natalità sono un dato costante di questo periodo.
Le donne comunque diventano visibili in tutte le sfere della vita pubblica, assaporano il gusto della libertà e acquisiscono coscienza di se stesse e delle proprie potenzialità, il che risulta in netto contrasto con la generale crisi dell'identità maschile messa a dura prova dall'esperienza della guerra. Gli uomini non accettarono questa nuova situazione, per mano della Chiesa ed insieme al regime fascista con la campagna demografica lanciata da Mussolini si accompagna all'esaltazione del tema della virilità e si completa con pesanti provvedimenti volti a limitare il lavoro extradomestico delle donne, soprattutto per le fasce medio-alte della popolazione; un esempio ne sono le donne escluse dall'insegnamento superiore e se ne scoraggia la presenza anche nelle elementari dove viene esaltata la figura del maestro.
Nel 1902, fu approvata la Legge 242/1902, ovvero Legge Carcano,
che per quanto riguarda le donne operaie, la legge fissava un massimo di 12 ore di lavoro giornaliere, con una pausa di due ore, e vietava per le donne minorenni il lavoro notturno. Fu introdotto per la prima volta il congedo di maternità, che consisteva alle donne in un riposo obbligatorio di quattro settimane dopo il parto, ma non prevedeva alcuna sospensione precedente al parto. Alle puerpere veniva anche permesso l'allattamento, o in una "camera d'allattamento" dello stabilimento (obbligatoria per gli stabilimenti con almeno 50 operaie), o con l'uscita dal posto di lavoro nei modi e tempi definiti da un regolamento interno.
Non era previsto un indennizzo per il periodo di congedo e solo nel 1910 viene istituita la Cassa di maternità, che aveva il compito di erogare un sussidio non ragguagliato al salario (la Cassa era finanziata con contributi a carico dei datori di lavoro e delle lavoratrici). Nonostante, su richiesta degli industriali, il governo conceda una serie di deroghe all'applicazione della legge, gli imprenditori preferiscono assumere le nubili, proprio come accade oggi.
Allora, nel 1925 viene istituita l'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia (Onmi) e viene esteso anche alle impiegate il periodo di riposo dopo il parto. In seguito ottennero il congedo esteso all'ultimo mese di gravidanza, due riposi giornalieri per l'allattamento,
ma soprattutto il diritto al mantenimento del posto durante il congedo e per altri tre mesi in caso di malattie conseguenti.
Nel 1934 sono previste ulteriori garanzie: l'estensione del periodo di congedo (un mese prima e sei settimane dopo il parto), il divieto di licenziare la lavoratrice nel periodo di gestazione (e non solo durante il congedo), i riposi di allattamento calcolati come ore lavorative, l'istituzione dell'assicurazione obbligatoria di maternità per le lavoratrici, anche quelle a domicilio.
Tutte queste normative a garanzia delle donne però scoraggiano parecchio gli imprenditori, al punto che arrivano ad assumere gli uomini anche in settori lavorativi riservati alle donne, come quello tessile.
La costituzione a favore della donna lavoratrice
Nel dopoguerra le donne ottengono gloriosamente il diritto di voto (1945) e il riconoscimento, perlomeno a livello teorico, della parità con gli uomini. La Costituzione afferma infatti il principio dell'uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge indipendentemente dal sesso (art. 3), l'uguaglianza dei coniugi all'interno della famiglia (art. 29-30), la parità salariale e la protezione della maternità (art. 37), l'accesso dei cittadini di entrambi i sessi a tutte le carriere (art. 51). A livello pratico invece la situazione era tutt'altro che favorevole sopratutto nel mondo del lavoro con l'entrata in vigore di questa legge, la pratica già diffusa del licenziamento delle lavoratrici in caso di matrimonio diventa prassi abituale e addirittura codificata, mediante l'inserimento nei contratti di lavoro della cosiddetta clausola di nubilato. Con l'entrata in vigore di questa legge, la pratica già diffusa del licenziamento delle lavoratrici in caso di matrimonio diventa prassi abituale e addirittura codificata, mediante l'inserimento nei contratti di lavoro della cosiddetta clausola di nubilato. Questa situazione viene denunciata da sindacati ed associazioni femminili. Il Ministero del Lavoro, con una circolare del 20 maggio 1955 dichiara illecita la clausola di nubilato, in quanto priva la donna del diritto di realizzare la propria libertà e capacità giuridica.
A tal proposito Angelina Merlin esprime il suo disaccordo affermando che nessun uomo è mai stato licenziato per matrimonio, anzi, gli uomini sposati e con figli vengono preferiti nelle assunzioni. Soltanto con la Legge n. 903 del 9 dicembre 1977, che stabilisce definitivamente la parità di trattamento tra uomini e donne nel mondo del lavoro.
Inizia così per le donne una crescente indipendenza economica, giuridica e civile.
Il nuovo millennio
La condizione delle donne, all'inizio del nuovo millennio, in Italia come nel resto del mondo, è resa più difficile dagli esiti delle politiche economiche liberiste e dalla conseguente perdita delle garanzie nel lavoro; è il precariato diffuso, sono le nuove povertà, insieme ai rigurgiti fondamentalisti che rendono critica la possibilità, soprattutto per le giovani, di progettare la propria esistenza e di scegliere la propria vita. La scelta di maternità è più difficile molte lavoratrici precarie non possono usufruire dei congedi per maternità e molto spesso il prezzo di un contratto di lavoro è l'impegno a non riprodursi. Le costrizioni e le umiliazioni economiche si accompagnano, nella nostra società, ad un aumento virulento degli episodi di violenza contro le donne, sintomo inquietante della incapacità maschile di relazionarsi a soggettività diverse e più libere. Di questo sono consapevoli le nuove generazioni di donne, che di recente hanno conquistato una nuova visibilità collettiva ed hanno fatto sentire alta la voce della loro insofferenza e della loro rabbia. Esse denunciano anche le strumentalizzazioni e i razzismi, la tendenza di gran parte della società italiana a sottrarsi a qualsiasi forma di consapevolezza critica.
La prima donna nello spazio [FOTO 3]
L'astronauta dell'ESA Samantha Cristoforetti con l'assunzione del nuovo ruolo, diventerà il quinto comandante europeo della Stazione Spaziale, seguendo le orme dei precedenti astronauti dell'Esa Frank De Winne, Alexander Gerst, Luca Parmitano e Thomas Pesquet. Diventerà anche la prima donna europea a ricoprire tale posizione. David Parker, Direttore dell'Esplorazione Umana e Robotica dell'Esa, ritiene che "il bagaglio di conoscenze ed esperienze di Samantha la rende un'ottima candidata per questo ruolo. Come prima donna europea a ricoprire la carica di comandante, spinge ancora una volta in avanti i confini della rappresentanza femminile nel settore spaziale".
Rivoluzione tecnologica e nuove opportunità di lavoro
Non a caso negli ultimi vent'anni, l'uguaglianza tra donne e uomini nel mondo del lavoro ha visto miglioramenti incoraggianti, ma i progressi da fare sono ancora molti. Per le donne il mondo del lavoro è ricco di difficoltà, sfide e nuove opportunità. Sono ancora le donne a svolgere in famiglia la gran parte del lavoro casalingo non retribuito con la conseguenza, per le molte donne che lavorano anche fuori casa, di essere normalmente sottoposte a un doppio carico di lavoro.
Le disuguaglianze ad oggi riguardano prima di tutto la partecipazione al mercato del lavoro, la parità di retribuzione, il raggiungimento di un equilibrio armonico tra lavoro e vita privata, la rappresentanza femminile
in importanti posizioni aziendali e manageriali e la distribuzione del lavoro di cura. Un'alternativa che ha avuto il suo picco durante la pandemia è lo smart working è una vera e propria filosofia manageriale che affonda le proprie radici nella volontà di restituire ai lavoratori a fronte di cospicua responsabilizzazione sui risultati un'adeguata flessibilità e autonomia nella scelta di strumenti, orari e luoghi in cui svolgere le proprie mansioni. È quindi un nuovo modo di concepire e strutturare le attività all'interno di un team aziendale che si fonda su tre principi cardine: flessibilità di luoghi e tempi, tecnologia e nuova cultura organizzativa.
Lo smart working può offrire diversi vantaggi alle donne. Permette loro di eliminare o ridurre i tempi di spostamento, consentendo maggiore flessibilità nella gestione delle attività domestiche e familiari. Inoltre, lo smart working può aiutare a superare le barriere geografiche e favorire l'accesso a opportunità di lavoro che altrimenti potrebbero essere limitate in determinate regioni. Ciò nonostante, le donne possono affrontare alcune sfide nello smart working. Ad esempio, possono sperimentare una maggiore pressione per bilanciare le responsabilità familiari mentre lavorano da casa. Inoltre, la mancanza di interazione sociale e di una separazione chiara tra lavoro e vita privata può portare a una maggiore difficoltà nel gestire lo stress e mantenere un equilibrio sano.
Non tutte le donne hanno pari accesso alle opportunità di smart working. Le donne con basso reddito o che lavorano in settori in cui lo smart working è meno diffuso possono trovarsi svantaggiate. Inoltre, le donne con responsabilità familiari più pesanti potrebbero avere difficoltà a beneficiare pienamente dello smartworking se non vi è un adeguato sostegno e flessibilità da parte delle organizzazioni.
L'adozione dello smart working potrebbe avere implicazioni per la progressione di carriera delle donne. La mancanza di visibilità fisica può rendere più difficile per le donne farsi notare e avanzare professionalmente. È importante che le organizzazioni adottino politiche di promozione dell'uguaglianza di genere anche nel contesto dello smartworking, assicurando che le donne abbiano pari opportunità di avanzamento e sviluppo.
Ed è necessario adottare politiche aziendali inclusive per promuovere l'uguaglianza di genere nello smartworking, è essenziale che le organizzazioni implementino politiche aziendali inclusive. Queste politiche dovrebbero affrontare questioni come la flessibilità lavorativa, l'equilibrio vita-lavoro, l'accesso alla formazione e lo sviluppo professionale, e la creazione di una cultura organizzativa che valorizzi l'uguaglianza di genere.